Il nostro nuovo menù

Finalmente, dopo un inverno lungo e rigido, arriva la primavera con le sue belle e tiepide giornate di sole che fanno risplendere la nostra meravigliosa città!

E noi non possiamo fare altro che celebrare la bella stagione con il  nuovo menù che ci accompagnerà fino a settembre. Oltre a quello abbiamo pensato di porre ancora di più l’attenzione sulla stagionalità dei prodotti e quindi troverete sempre alcune proposte “ giornaliere “ via via che la natura ci fornirà i suoi preziosi doni, come asparagi, funghi, tartufi e delizie varie!

Via dunque i piatti più tipicamente invernali, come la zuppa di cipolle, la pasta e fagioli, la guancia di vitellone brasata e il baccalà coi porri, che hanno comunque avuto un grande successo quando il freddo richiede una alimentazione più ricca, e largo a piatti più freschi: Carpacci, insalatone e verdure tipicamente estive come zucchine, melanzane e peperoni, oltre naturalmente ai classici che non potranno mai mancare (una bella Bistecca va bene in tutte le stagioni) come vuole la tradizione!

A proposito di Bistecca, abbiamo aderito al Consorzio di tutela del Vitellone bianco dell’Appennino, in modo da garantire ulteriormente i nostri Clienti sulla provenienza delle nostre carni di Chianina certificate!

Ovviamente non ci siamo scordati di chi è intollerante al glutine, ampliando ancora di più il già ricchissimo menù, che ora copia quasi integralmente quello “ ufficiale “.

Allora vi aspettiamo ancora da noi per una sosta ristoratrice nel nostro dehor esterno affacciato sulla piazza del Mercato e per passare un po’ di tempo in compagnia, anche perché come si dice: A TAVOLA UN S’INVECCHIA! (e a noi invecchiare un ci garba mica tanto…)

BUONA ESTATE A TUTTI!

Il vino per noi toscani

E direi non solo per noi toscani, ma in genere per noi italiani, il vino è una di quelle cose che sulla tavola non deve mai mancare. In tempi che non rimpiangiamo il vino era considerato un vero e proprio alimento e ha nutrito una generazione (sfortunata) di persone in tempi in cui di ciccia ce n’era poca.

In tempi più recenti a ogni buon conto, era usanza, per merenda a noi bambini, una bella fetta di pane, vino e zucchero! Poi ci sono stati gli anni del vino di scarsa qualità e a basso prezzo che tanti danni ha creato alla nostra immagine di produttori nel mondo. Verso la fine del millennio scorso la sbornia collettiva, quando tutti facevano a gara a produrre Super Vini con prezzi che hanno allontanato molti consumatori da questa splendida bevanda.

Oggi possiamo dire che abbiamo trovato un equilibrio e quindi dobbiamo dare la giusta importanza a quello che beviamo, così come la diamo a quello che mangiamo. Sì perché oggi più che mai “ poco ma buono “ deve essere il nostro motto, che, comunque, è anche la nostra tradizione.

 

Il vino per noi toscani

Lo scopo di queste poche righe è infatti solo quello di dare qualche piccolo suggerimento affinché si possa gustare a pieno la cucina Toscana e goderci in santa pace l’esperienza di una visita a Firenze o di una gita fuori porta con gli amici; e questo passa anche attraverso un buon bicchiere di vino!

Ora, dico io, è mai possibile veder mangiare una bistecca e berci accanto una Coca-Cola? O una ribollita (scopri qui la ricetta della ribollita) e un cappuccino? Purtroppo il codice penale non prevede questo genere di reato, anche se dovrebbe, e non si può far nulla perché questi scempi non avvengano, ma, voi che leggete questo blog,  son sicuro che capirete il senso di raccapriccio che mi assale quando (e in trattoria capita) assisto a scene simili.

Quindi, visto che la Toscana è terra di grandi vini, soprattutto rossi, e di tantissime D.O.C.  e D.O.C.G.  che ci garantiscono sulla qualità eccelsa dei nostri prodotti, e che si abbinano perfettamente alla nostra cucina così ricca di sapori decisi, ecco due o tre dritte che renderanno il vostro pasto un’esperienza indimenticabile.

Innanzitutto in un pranzo ideale non dovrebbero essere serviti meno di due vini e mai più di quattro (di cui uno per il dolce). Poi diciamo che, come per le pietanze, si deve seguire una scala di sapori, dal più delicato al più deciso. Prima i bianchi, poi i rossi; prima i vini giovani poi quelli invecchiati; prima quelli con minor gradazione alcolica, poi quelli più robusti… Via, unn’è difficile!

La cantina

Immaginate di mangiare una pappardella al cinghiale con un bicchiere di Brunello (no una bottiglia eh!) e dopo, un branzino al vapore con un vinellino bianco di 11 gradi servito bello freddo! O che ci azzecca! Ci siamo capiti, no ?  😉

Ok, ci siamo, già abbiamo dato un criterio al nostro desinare, poi ci sarebbero tante cose da dire, pagine e pagine di descrizioni di vini con sentori di mammola e amenità del genere (verrò sicuramente scomunicato dall’Associazione Sommelier per queste affermazioni), ma io che vi dico? Sperimentate, sperimentate, provate una Vernaccia di San Gimignano con l’antipasto di crostini (scopri qui la ricetta dei crostini), un buon Chianti Classico con le pappardelle e un Brunello o un Nobile di Montepulciano Riserva con la bistecca (per la ricetta e il decalogo della bistecca clicca qui) o la cacciagione, vedrete che tutto assumerà un altro aspetto e la vita vi sorriderà . Ah, mi stavo scordando! Il Vin santo, ma quello di caratello, non quello liquoroso che l’è tutto zucchero e basta, con i cantuccini… Via, ma che ve lo dico a fare, venite a trovarci e vi si fa assaggiare noi!

I Cenci

I Cenci di Carnevale

S’è appena finito coi panettoni, panforti, ricciarelli e già si pensa a Berlingaccio! E allora vai con schiacciate alla Fiorentina, cenci e compagnia bella, un ci s’ha a far mancar nulla!

A parte tutto, è vero che il Carnevale negli ultimi anni è andato un po’ in disuso a discapito di altre feste che trent’anni fa non si sapeva nemmeno che esistessero, però noi siamo qui per difendere anche le nostre tradizioni, sennò che ci si sta a fare. Mi ricordo quando ero bambino e s’andava sul lungarno a vedere tutte le maschere… era una vera festa e chissà che ci sembrava di fare tirando coriandoli e stelle filanti…

Nostalgia a parte, quindi io du’cenci (o donzelli, chiacchiere, frappe, sfrappole, chiamateli come vi pare tanto li fanno in tutta Italia e ognuno li chiama a modo suo) li farei, vedrete che unn’avanzano di sicuro, qualcuno che li mangia lo si trova sempre e poi i cenci fanno tanto “ famiglia” perché veramente sono una cosa facilissima da fare e quindi si fanno in tutte le case e poi si possono mangiare a tutte le ore, son buoni a colazione, pranzo e merenda, mica come quella roba che vendono ai’supermercato nelle buste di plastica!

I Cenci

La ricetta

Per la ricetta, riporto quella dell’Artusi ma, come al solito, ci sono diverse varianti, chi li vuole meno dolci metterà meno zucchero… l’importante come sempre è mangiarli con le persone giuste, per il resto ci si può adattare.

  • Farina 600 gr
  • zucchero 250 gr
  • burro 100 gr
  • 8 uova
  • buccia grattugiata di un arancio
  • un bicchiere di vinsanto
  • una bustina di vanillina o se ce l’avete una bacca di vaniglia
  • un pizzico di sale,
  • una presa di lievito per dolci

Si prepara l’impasto facendo il cratere con la farina alla quale avremo mescolato la presa di lievito e mettendo al centro tutti gli ingredienti. Impastiamo bene fino ad ottenere un impasto liscio e omogeneo. S’infarina un poco e si fa riposare un’oretta, fasciato in un tovagliolo. Lo riprenderemo in mano ed, un poco alla volta, aiutandoci con della farina, lo tireremo con un mattarello fino ad avere una sfoglia più sottile di una moneta. La taglieremo a losanghe lunghe circa 10 cm, meglio con la rotellina zigrinata.

Li getteremo, entrando sotto di loro con una coltella larga, in abbondante olio di arachidi ben caldo, girandoli un paio di volte con una paletta. Appena prendono colore, con il ragno li prendiamo e li mettiamo ad asciugare su carta gialla e una volta tiepidi si cospargeranno con zucchero a velo. Sono una sciccheria accompagnati da un bicchierino di vinsanto.

Con questo vi saluto e auguro un buon Carnevale a tutti e non vi scordate… Vi s’aspetta da Garibardi!

 

 

La Bistecca

Bentornati sul Blog!

Oggi parliamo della Bistecca alla Fiorentina, o semplicemente Bistecca, perché qui da noi la Fiorentina è la magica viola che gioca ai’Campo di Marte la domenica.

Allora su questo argomento si deve dire che siamo un po’ duri, nel senso che non ci interessano tanto le discussioni sul come è meglio (alta, bassa, cotta, cruda e via discorrendo), ma la nostra (di noi fiorentini intendo) posizione è questa: si fa così e basta. Se ti piace è così, sennò mangia un’altra cosa!

A titolo di curiosità storica si narra (poi vai a sapè se è vero) che il nome bistecca derivi dall’inglese beef-steak, esclamato da dei fantomatici viandanti anglosassoni ai tempi dei Medici quando Firenze era crocevia di importanti scambi commerciali. Proprio in Piazza San Lorenzo (a 100 metri dalla Trattoria) sembra che i munifici Medici offrissero generosamente (e già la vedo poco probabile, in quanto come tutti sapete i Medici erano dei banchieri) in occasione della festa di Lorenzo, delle succulente bistecche cotte sulla brace. Ovviamente di questo fatto non vi è testimonianza, né selfie o video su youtube.

Ma non è questo l’importante, l’importante per quanto ci riguarda è dare delle poche, ma chiare e inequivocabili , indicazioni soprattutto su cosa FARE  e NON FARE quando si vuole mangiare una Bistecca alla Fiorentina.

Ripeto, trattasi di Bistecca alla Fiorentina, che non è l’unico modo di gustare quel taglio di carne che si ottiene dalla lombata di vitello adulto, in quanto in tutto il mondo si mangiano bistecche, e a gusto di qualcuno anche meglio delle nostre; questo lo dico per prevenire commenti del tipo “ ma è cruda “ o “ a me fa schifo il sangue”.  La bistecca alla Fiorentina è solo “al sangue“, non c’è altro da aggiungere.

La carne

Il taglio, come si è detto, è ottenuto dalla parte posteriore della lombata, dove l’osso a forma di “ T “ divide il filetto dal controfiletto. Non che il resto della lombata non sia buono, tutt’altro, anzi c’è chi preferisce la parte nella costola (o costata), ma nella costola NON E’ ALLA FIORENTINA. L’animale in questione deve essere adulto, di almeno 30 mesi, per cui, visto che la bistecca deve essere alta almeno 4 cm (sennò è una braciolina) ne deriva che il peso non sarà mai meno di un kilo, un kilo e due. Per il tipo di razza dell’animale è chiaro che quando è nata la bistecca (ben prima della globalizzazione) si usava la Chianina, che era la razza diffusa qui in toscana. Oggi secondo me questo fatto ha perso un po’ del suo significato, ma non vorrei essere considerato un eretico per questo.

Preparazione

Semplice: nulla

Non va marinata, né salata, e non deve essere appena tolta dal frigo (non è una birra direbbe qualcuno che conosco) sennò rimane ghiaccia dentro.

Cottura

Sulla brace, che deve essere forte… Avete presente appena il colore dei carboni diventa bianco/grigino? Ecco, allora 5 minuti per parte e poi 5 in piedi sull’osso. Per girarla si usa la paletta, non il forchettone sennò si sciupa.

Sale e pepe di mulinello e via a tavola!

Pene previste per i seguenti reati di lesa maestà

Aggiunta di limone: dai 3 ai 12 mesi di petti di pollo pranzo e cena (co’il limone si fa la granita)

Aggiunta di ketchup o maionese: foglio di via immediato e interdizione a vita da tutti i ristoranti di Firenze

Accompagnarla con acqua o peggio ancora Coca Cola (rabbrividisco solo al pensiero): obbligo di frequenza a un corso di recupero per astemi

Vabbè, ora s’è scherzato un po’… via vi saluto: Bonaaaaa, ci si vede ai’Ristorante!

Pitti uomo Firenze 93

Al via la 93° Edizione di PITTI UOMO

Dal 9 al 12 Gennaio 2018 Firenze diventa la Capitale Internazionale della Moda.

Saranno oltre 1200 le firme di produttori italiani e esteri presenti negli stands alla Fortezza da Basso per la più grande manifestazione di moda maschile del mondo che quest’anno avrà come tema il cinema.

Fortezza da basso Firenze

“Ogni edizione di Pitti Uomo è sempre un grande film sulla moda che ha per protagonisti marchi, aziende, buyers, giornalisti, influencer e visitatori da tutto il mondo”, ha dichiarato Agostino Poletto, direttore generale di Pitti Immagine che lancia il tema cinema e la nascita di un vero Movie theatres district in Fortezza, tra manifesti, blockbuster, film cult ed inediti e la rappresentazione sul Piazzale di un Palazzo del Cinema di Pitti Uomo.

Per quanto ci riguarda, in quei giorni tutto il mondo della ristorazione fiorentina è in fermento, visto il gran numero di partecipanti alla manifestazione.

E questi stilisti e addetti al settore saranno sì innovativi e creativi per quanto gli compete, ma per quanto riguarda il mangiare son parecchio tradizionali e il più delle volte preferiscono una classica e bella bistecca, che infatti risulta il piatto più venduto dell’occasione.

Noi della Trattoria da Garibardi non ci tiriamo certo indietro quando c’è da dar da mangiare agli affamati e da bere agli assetati e quindi ci facciamo trovare pronti con tutti i piatti della tradizione toscana con zuppe, pastasciutte e ovviamente bistecche di Chianina certificata. Il tutto accompagnato da un buon bicchiere (anche 2…) di Chianti Classico.

Curioso e affamato?! Dai un’occhiata al nostro Menù qui!

Bistecca alla Fiorentina

 

La Regina delle zuppe Toscane: la Ribollita

Arriva dicembre e sul menù arrivano le zuppe! Certo che nelle fredde giornate invernali cosa c’è di meglio di una zuppa fumante, anche perché come dice il proverbio…

Sette cose fa la zuppa:

cava fame e sete attuta,

empie il ventre e netta il dente,

fa dormire, fa smaltire

e la guancia fa arrossire.

E allora vai con Pasta e fagioli, zuppa di cipolle e ovviamente la più celebre ribollita. E se la pasta e fagioli viene fatta un po’ in tutta Italia, le altre due hanno invece qualcosa di più prettamente toscano.

La “ Madre “ di tutte le moderne zuppe di cipolla ( c’hanno poco da dire i francesi con la loro “Soupe à l’oignon” ) è infatti la fiorentina “ Carabaccia “ che veniva cucinata già nel Rinascimento, con l’aggiunta di mandorle, zucchero e cannella. Oggi viene proposta con del parmigiano gratinato e ovviamente con l’immancabile pane toscano, che è il leitmotiv di parecchie zuppe toscane, anche perché trattandosi di una cucina povera,  vale il detto : “Quando è poco il pane in tavola, mettine assai nella scodella “.

Parlando di pane si arriva gioco forza al capitolo “Ribollita”

La quale ribollita non può essere considerata una ricetta a sé stante, ma piuttosto un “ riciclo “ della minestra di pane (o zuppa di magro, come a volte viene chiamata nelle campagne) e quindi ne esistono moltissime versioni. Secondo me più che dare una vera e propria ricetta (avete mai visto una massaia in cucina che pesa il cavolo nero o i fagioli ? Via non scherziamo…) bisogna stabilire dei concetti e mettere dei punti fermi su cosa ci deve essere messo per forza e cosa assolutamente no. Allora sì al soffritto sedano carota cipolla, ma anche aglio se si vuole, o porro; poi 2 o 3 pomodori pelati? Ma sì, mettiamoli. Poi fagioli cannellini lessati, in parte frullati e in parte interi, e la loro acqua, per allungare e rendere saporita la zuppa. E poi, obbligatori: cavolo verza, bietola e soprattutto cavolo nero, quello toscano, che d’inverno le gelate notturne rendono così turgido e saporito. Patate? Anche sì, la rendono più cremosa, e poi il timo (o pepolino come si chiama qui), aroma che rende inconfondibile la ribollita.

Pepe sì, peperoncino no… Ma soprattutto, ve ne prego, ZUCCHINE NO! Le zucchine ci sono d’estate, che c’incastrano col cavolo nero. E’ vero che non sanno di nulla, quindi non si fa danno, ma nella ribollita le zucchine un si posson vedere. A questo punto si dispone questa zuppa in una zuppiera alternandola con delle fette di pane toscano raffermo e si lascia riposare una mezz’oretta così che il pane assorba il liquido, poi una bella “C” di olio nuovo e via a tavola!

ribollita toscana

Ora, che succede? Siccome di solito se ne fa tanta, perché gli ingredienti sono tanti e ci si regola anche male (come dicevo mica ci si può mettere a lessare 2 etti di fagioli), ne avanzerà un bel pò’, e allora è lì che nasce la RIBOLLITA. Mettete la zuppa di magro avanzata in un tegame di coccio, cospargetela con della cipolla tagliata fine e dell’olio di quello buono, e fatela RIBOLLIRE. Acquisterà nuova vita e sarà meglio di quella del giorno prima, ma mi raccomando, non ci mettete il formaggio sopra, che sennò…

Capodanno

Cenone di Capodanno

Vi aspettiamo per festeggiare insieme l’arrivo del nuovo anno!

I due menù sono disponibili anche nella versione Senza Glutine

Menù di Carne

Antipasto

Selezione di salumi Toscani

Primi

Crespella alla Fiorentina

Pici al Cinghiale

Secondo

Tagliata di manzo al Brunello con patate al Tartufo

Lenticchie del Buon Augurio

Dessert

Cheese Cake all’arancia

Acqua, Vino , Spumante e Caffè

€ 75,00 a persona

Menù di Pesce

Antipasto

Crema di patate con polpo alla brace

Primi

Crespella salmone, gamberi e broccoletti

Risotto alla Pescatora

Secondo

Filetto di branzino in crosta e carciofi croccanti

Lenticchie del Buon Augurio

Dessert

Cheese Cake all’arancia

Acqua, Vino , Spumante e Caffè

€ 75,00 a persona

Per info e prenotazioni inviateci un’email a garibardi@garibardi.it

L’olio per noi toscani è un miracolo

E lì
negli
assolati
uliveti,
dove
soltanto
cielo azzurro con cicale
e terra dura
esistono,

il prodigio,
la capsula
perfetta
dell’uliva
che riempie
il fogliame con le sue costellazioni:
più tardi
i recipienti,
il miracolo,
l’olio.

(Pablo Neruda)

Bella questa poesia di Neruda, vero? Mi è piaciuto il finale… il miracolo, l’olio.

Citazioni e proverbi sull’olivo, l’oliva e l’olio possono essere innumerevoli, dalla Bibbia in poi si trovano in tutte le epoche, ma non voglio tediarvi con questi discorsi (che fra l’altro non mi riescono neanche bene), voglio piuttosto porre l’attenzione su questo “miracolo ” e come viene vissuto da queste parti.

Olive toscane

Perché in effetti l’olio per noi toscani è un miracolo, una poesia, è un elemento imprescindibile della cucina e della nostra vita. Intorno all’olio vengono celebrati dei veri e propri riti, a testimonianza di quanta importanza abbia nella nostra quotidianità. Già da piccini tutti siamo passati dall’esperienza di “brucare” le olive, come si dice qui. Almeno una giornata di lavoro nei campi di qualche amico o parente a raccogliere le olive, fatte cascare sul paracadute messo sotto l’albero, così ci si comincia a rendere conto del lavoro che c’è dietro questa meraviglia della natura. E pagamento rigorosamente in natura (con l’olio, che avete capito…).

Poi il frantoio, a vedere la magia di quel liquido verde che scende aspettando il momento di inzupparci una bella fetta di pane tostato e con l’aglio strusciato.

Sì, perché, quando si fa l’olio, per la prima settimana si va avanti a bruschette, pinzimonio e fagioli. Del resto l’olio va santificato come si deve, e poi normalmente quando lo fai o lo compri, è per tutto l’anno (non sia mai che si rimanga senza)! Ma volete mettere quel sapore “ pizzichino carciofato “ dell’olio nuovo appena franto? Non si smetterebbe mai di mangiarlo e ovviamente fare le dovute considerazioni su quale sia quello più buono (qui si cercano differenze anche sull’olio proveniente da ulivi della stessa collina, su versanti opposti O.o ), discussioni che inevitabilmente portano a nulla in quanto “de gustibus… “.

bruschette

Per i fiorentini l’olio buono è quello proveniente da Fiesole-Chianti-Valdarno (verso sud) oppure Carmignano-Calenzano (verso Nord Ovest), olio dal gusto forte, quasi piccante, che si sposa bene con i piatti tipici e dal sapore intenso della cucina toscana. L’olio che viene dalla costa (Livorno-Grosseto), più dolce, più soave, lo lasciamo volentieri a loro e ai Pisani, così , tanto per ribadire come il concetto di “campanile “ sia ancora ben vivo qui, fin dai tempi di Dante 🙂

 

Crostini Fegatini

I Crostini Toscani di Garibardi

Possiamo senz’altro dividere il genere umano in 2 grandi categorie: chi ama i crostini toscani (o di fegatini, o neri, chiamateli come vi pare) e chi no.

Ho visto clienti ai quali solo al sentirne parlare gli viene l’acquolina in bocca e altri che fanno delle espressioni come se stessimo proponendo veleno.

Io personalmente, come penso molti altri toscani (e non solo) associo questi crostini all’antipasto delle giornate di festa, prima di mettersi a tavola per il pranzo di Natale, mentre le mamme e le nonne spalmavano questa prelibatezza sul pane abbrustolito (a volte bagnato poi nel brodo di cappone) e noi di soppiatto ne rubavamo qualche pezzetto prima di celebrare degnamente il pranzo più importante dell’anno.

I commenti erano sempre gli stessi : “ Io li avrei tritati più fini “ , “ io più grossi “, “io li voglio con il pane asciutto “ , “ nooooo, meglio bagnato! “ eccetera, eccetera. Fatto sta che non si è mai visto avanzarne solo 1 nel vassoio…

Qui è racchiusa l’essenza di questa e di molte altre ricette toscane (scopri la ricetta della Schiacciata con l’Uva qui e gli ingredienti della Cucina Toscana qui). In ogni casa si fa una ricetta personalizzata dei crostini toscani e mai se ne assaggiano 2 uguali, ma questi crostini in tutti i casi sono innegabilmente l’Antipasto per eccellenza e, se fatti a dovere, degni di essere presenti in ogni menù di cucina internazionale.

Crostini Fegatini

La nostra ricetta

Ecco la nostra ricetta, ma, come vi ho detto, ne esistono mille altre con piccole e grandi variazioni di ingredienti. L’unico ingrediente imprescindibile è l’amore per le cose buone e la felicità di condividere il cibo con le persone a noi vicine.

Ingredienti:

  • Fegatini di pollo 300 gr.
  • Mezza cipolla bianca (oppure 1 scalogno)
  • 2 filetti di acciughe sotto sale
  • Qualche foglia di salvia (vedo che siamo gli unici a metterla, ma a noi piace così)
  • Capperi, 1 cucchiaio
  • Vin santo
  • Un po’ di brodo
  • Burro, Olio extra vergine, sale e pepe

Procedimento:

  • Tritare finemente la cipolla e farla imbiondire con 4 cuccchiai di olio e le foglie di salvia
  • Unire i fegatini precedentemente lavati e ai quali è stata tolta la vescichetta del fiele (di solito questa operazione la fa il “ pollaiolo”)
  • Cuocere per circa un quarto d’ora bagnando con un bicchiere di vinsanto
  • Togliere dal fuoco e tritate a vostro piacere (ci sono i fondamentalisti del tagliere, chi usa il passaverdure e chi un più moderno mixer) insieme ai capperi e ai filetti di acciuga
  • Rimettere sul fuoco per altri 10 minuti, aggiungendo una bella noce di burro
  • Regolate di sale e pepe (poco, non deve risultare ne’ salato, ne’ piccante) e aggiungete del brodo per dare la giusta consistenza, non troppo liquido (va spalmato sul pane!) e non troppo sodo
  • Spalmare l’impasto su delle fette di pane abbrustolite alte 6 o 7 millimetri.

A questo punto divertitevi con le varianti: chi usa il pane casalingo (toscano senza sale, come da tradizione), chi la frusta bianca, chi lo frigge, chi lo tosta, chi lo bagna nel brodo, chi ci spalma il burro e chi lo serve così, al naturale. Tanto, come fate, fate, qualcuno sosterrà sempre che era meglio…

Ma questo ve l’ho già detto e allora non resta che augurarvi Buon appetito!

Schiacciata con l'uva

La mitica Schiacciata con l’Uva

L’è collo zucchero, l’è coll’uva , l’è coll’olio! (venditore di schiacciate).

Settembre e Ottobre, i mesi della vendemmia, sono i mesi dove in ogni forno e pasticceria di Firenze e del Chianti si trova questa meravigliosa schiacciata, la Schiacciata con l’Uva.
E’ un dolce che veniva fatto in tutte le famiglie quando si faceva ancora il pane in casa (l’impasto di base è infatti la pasta del pane) e per noi fiorentini la fine dell’estate e l’arrivo dell’autunno senza la “stiacciata coll’uva “ è come per un milanese un Natale senza panettone, tanto per capirsi, anche perché è una di quelle cose che va bene a tutte le ore del giorno: la mattina a colazione col caffellatte, dopo il pranzo come dessert, a merenda per i bambini invece di quella roba imbustata che un si sa icchè c’è dentro, e anche la sera prima d’andare a letto se ci s’ha un po’ di languorino…

Schiacciata Uva

Certo, la Schiacciata con l’Uva, come tutti i piatti della cucina toscana, bisogna dire che non piace a tutti, ci vuol gente che non sta tanto a vedere “ l’impiattamento”, la finezza e altre cose che vanno tanto di moda ora. Ci vuol gente che piglia la vita di petto e se trova i semi nei chicchi d’uva li butta giù senza pensarci troppo. In fin dei conti nell’uva i semi ci sono e ci devono essere!
Allora vi diamo la nostra ricetta, quella della Sabrina, che ha passato l’esame del critico più spietato del mondo, cioè io.

La ricetta della Sabrina

Per la pasta, per una teglia di medie dimensioni:

  • 300 gr. di farina manitoba
  • 180 gr. acqua
  • 15 gr. lievito madre essiccato
  • 5 gr. malto diastasico
  • 2 cucchiai di zucchero
  • un po’ di olio extravergine
  • semi di anice pestati
  • un pizzico di sale
  • ci vorrà inoltre un chilo di uva “ da schiacciata “ ovvero da vino. Se trovate il Canaiolo meglio, sennò anche Sangiovese o Merlot possono andare bene, ma mi raccomando no il Moscato e soprattutto MAI l’uva senza semi, che quella se l’è inventata qualcuno che…. vabbè lasciamo stare!

Schiacciata

Con questi ingredienti (esclusa l’uva, anche se nel chianti qualcuno la mette anche un po’ nell’impasto) andiamo a formare una pallina liscia che lasceremo lievitare coperta fino a che non avrà raddoppiato il suo volume.
Quando sarà lievitata, la dividiamo in 2 parti, una circa il doppio dell’altra.
Stendiamo quindi la pallina più grossa abbastanza sottile
Ungiamo la teglia con poco olio e un po’ di zucchero e rivestiamola con la pasta, lasciando la parte eccedente fuori dai bordi.
Distribuiamo a questo punto i 2/3 dell’uva, precedentemente diraspata e lavata, pigiandola un po’, un paio di cucchiai di zucchero, un filo d’olio e un po’ di semi di anice.
Stendiamo quindi l’altra parte dell’impasto molto sottile e andiamo a coprire e sigillare la teglia.
Copriamo con la restante uva, due cucchiai di olio e una spolverata di zucchero.
Inforniamo a 180° per un’ oretta scarsa, a colorazione della pasta.

Ragazzi, provate a farla questa Schiacciata con l’Uva, vi meraviglierete dell’allegria che questo dolce porta, l’allegria delle giornate della vendemmia nella nostra campagna.